I sette Arcieri di Bajamazol
Nel dicembre 1978, con le edizione di Lunarionuovo viene pubblicata una Commedia in tre atti con intermezzo, intitolata “I Sette Arcieri di Bajamazol” (Alla quale viene assegnata segnalazione al Premio Vallecorsi per un’opera teatrale) nella quale viene svolta una trama satirica che mostra le rocambolesche macchinazioni di un personaggio che, forte del potentato secolare del casato di cui è rampollo, pretende che la chiesa locale, e, per essa, il vescovo di quella diocesi, lo proponga per la beatificazione in vita. Tra le trovate esilaranti che vengono proposte dal coro nell’intermezzo c’è il progetto di spegnere l’Etna con un sistema che introduca nel vulcano l’acqua del mare, per scongiurare per sempre i pericoli delle ricorrenti eruzioni.
Capo del comitato è il professor Fumicò, di nobile e antichissima famiglia, che concentra in sé l’intero potere intellettuale della città, mentre il barone Faranda, di non meno nobile e potente famiglia, pretende di raccogliere in sé il potere religioso, raccontando di essere in colloquio quotidiano con la Madonna, andando in giro con aureola intorno alla testa, illuminata da un sistema di tubi col neon, ed esigendo di assistere alla Messa, la domenica, in duomo, in piedi in una nicchia sopra l’altare e di elargire indulgenze a chiunque lo veda mentre attraversa la strada.
Intorno ai due padroni della città ruotano le autorità politiche, amministrative e religiose: il debole e pauroso sindaco, poi l’onorevole Magnese, che compie ogni genere di prepotenze e di falsificazioni della verità in nome dell’arbitrio di far legge dei suoi interessi e della sua volontà che egli si arroga per il fatto solo di essere stato eletto nel partito di governo. Infine un servile canonico, Briguglio (…)”. Giorgio Bàrberi Squarotti
Da Il Commercio (Catania), 1 maggio 1981: “(…) Questa commedia divertissement molto serio di Mario Grasso, I sette Arcieri di Bajamazol, ci mostra con toni giocosi, pigmentati di trovate anche linguistiche, un groviglio di ambizioni e interessi che in un paese della Sicilia si imperniano su un progetto pazzesco: spegnere l’Etna, convogliando nel cratere l’acqua del mare tramite un gigantesco sistema di elettropompe. Questa ‘macchina inutile’ alla Munari, quest’ipotesi assurda costituisce la trovata centrale, e naturalmente il pretesto, per far ruotare intorno al nocciolo dell’azione figure e figurine quanto mai emblematiche e alcune memorabili. Memorabile certo è quel visionario del barone Faranda che pretende di essere nominato subito in vita, beato e venerabile, con le stesse prerogative riservate ai santi, e porta un cappello di paglia circondato da un giro di luce al neon. Per ispirazione diretta della Vergine Maria riuscirà a prevedere con tanta precisione lo scoppio di un ordigno da insinuare più di un sospetto che l’espolosione sia piuttosto ispirazione e iniziativa sua propria. Ma se il barone è una riuscita caricatura (come del resto il professor Fumicò, presidente del Comitato, e l’ipocrita onorevole Magnese, tutti e tre demandati a rappresentare una certa follia e malcostume) altri personaggi, primo fra tutti il giovane Vescovo, affrontano con autentica e dolente saggezza certi spinosi nodi attuali: l’inerzia del potere, l’ipnosi televisiva, la mafia e il terrorismo colti molto bene nelle loro possibili radici e l’eterno problema del ripeness is all (una società di gente matura non ha bisogno di padrini). (…). Maria Luisa Spaziani
Bibliografia della critica per I sette Arcieri di Bajamazol
- Giuseppe Contarino, Sette virtù e sette vizi negli Arcieri, La Sicilia, 28/0!/1979.
- Santi Bonaccorsi, I sette arcieri di Bajamazol, Catania Sera, 20/02/1979.
- Salvatore Scalia, Nel libro di M. Grasso un messaggio di speranza, La Sicilia, 22/02/1979.
- Giorgio Bàrberi Squarotti, Volevano spegnere l’Etna, La Sicilia, 03/03/1979.
- Salvatore Scalia, Potere e cultura, Espresso Sera, 02/03/1979.
- Antonio De Lorenzi, La palingenesi dopo il male, Messaggero Veneto, 18/03/1979.
- Armando Patti, I sette Arcieri, Sintesi, maggio 1979.
- Angelo Lippo, Una satira amara del nostro tempo, Corriere del Giorno, 06/06/1979.
- Marco Neirotti, I sette Arcieri, La Stampa-Tuttolibri, 09/06/1979.
- Giancarlo Pandini, I sette Arcieri, Corriere dell’Adda, 09/06/1979.
- Claudio Toscani, I sette Arcieri, Gazzetta di Parma, 10/06/1979.
- Salvatore Rossi, I sette Arcieri, Realtà del Mezzogiorno, agosto 1979.
- Giancarlo Pandini, I sette Arcieri di Bajamazol, Gazzetta di Parma, 04/10/1979.
- Alfonso Zaccaria, Gli Arcieri in Sicilia, La Provincia, 17/10/1979.
- Giacinto Peluso, I sette Arcieri, Gabbiòla, novembre 1979.
- Grazia Palmisano, I sette Arcieri, Il Piccolo, 16/11/1979.